L'attacco di Marcus sembrò inizialmente fallire, mentre l'avversario procedeva contro di lui schivando ogni singola palla di fuoco. Poi però Aioros cominciò ad essere sempre più investito e travolto dai colpi, ripotando numerose ustioni e arretrando sempre più, lasciando visibili solchi sul terreno, come lo stesso Cavaliere della Fiamma ne aveva prodotti, con la differenza che Aioros ebbe bisogno di rialzarsi.
Marcus non infierì in tale occasione, ma osservò l'avversario mascherare con coraggio e dignità i segni del dolore. Stava quasi per proporgli di terminare quello scontro, quando vide l'espressione beffarda sul volto di lui.
Il successivo accumulo di cosmo fu decisamente preoccupante e durante esso, il Generale degli Abissi scagliò in cielo la propria lancia.
*
Cosa vuole fare? Cercare di colpirmi con una parabola aerea del genere? E' logico che...*
Il suo pensiero venne bruscamente interrotto da un improvviso oscuramento della luce del sole. Al suo posto si materializzarono centinaia, forse migliaia di lance, che ricaddero verso il suolo a velocità spaventosa, troppo alta per poter consentire di evitare tutto quell'attacco. A malapena Aioros si sarebbe salvato.
Al giovane novello Cavaliere sovvenne immediatamente l'immagine dei trecento Spartani comandati da Leonida, caduti sotto una pioggia di frecce tale da oscurare il cielo, quando l'onore e la forza del numero non bastarono a sopraffarli...
Ma lui non era uno Spartano: era un Cavaliere di Atena, sebbene di sangue italiano. Lui non sarebbe stato abbattuto in un tal modo. Anche se la difesa sarebbe stata piuttosto dispendiosa, dal punto di vista cosmico.
Velocemente Marcus focalizzò le sue energie talmente tanto da far comparire la propria costellazione alle spalle, poi utilizzò in maniera atipica una delle proprie tecniche più potenti, ma anche più costose.
CITAZIONE
Implosione Flammica
Anziché creare una sfera di fuoco, Marcus crea un campo di fiamme di forma semicilindrica attorno al nemico. Le fiamme, che possono raggiungere picchi di 100°C, vengono poi utilizzate per scatenare un'implosione del cilindro di fuoco, alto due metri, e causare così gravi ustioni al nemico.
Il cilindro non era caldo abbastanza da ustionare il suo stesso, ma sufficientemente duro da resistere alle lance e largo al punto tale da poter essere rimosso senza permettere che lance eventualmente rimaste attaccate all'attacco utilizzato in maniera così atipica lo ferissero.
Il novello cavaliere alzò poi il braccio sinistro, piegò il gomito ad angolo retto ed evocò una difesa già usata ed abusata, difesa che lo stesso Leonida utilizzò in forma metallica al Passo delle Termopili per contrastare le armate dell'Imperatore di Persia Serse e le sue frecce, almeno fino ad un certo punto. Leonida tuttavia non era un Cavaliere e a differenza di Marcus non avrebbe potuto sopravvivere ad un simile impatto.
CITAZIONE
Scudo di Fuoco oplitico
Marcus concentra sul braccio sinistro un quantità di fuoco cosmico tale da dare ad esso la forma e le dimensioni di uno scuo oplitico, quindi piuttosto coprente. Questo caldo riparo offre protezione contro attacchi fisici e condotti con energie fredde, ma contro attacchi cosmici e psichici equivale ad un foglio di carta bruciata.
Lo scudo venne evocato e praticamente incastrato al semicilindro, formando così una gabbia di protezione completa, sebbene imperfetta.
La tempesta scese subito dopo, rapida e incessante e tale per cui la sola difesa pura che avesse eretto non sarebbe stata sufficiente a proteggerlo, così come la sua armatura sarebbe stata semplice lamiera contro un colpo di ballista.
Nonostante tutto, il colpo fu drammaticamente potente e la pressione talmente soverchiante, che Marcus fu costretto a piegarsi sulle ginocchia, mentre tratteneva a malapena dei gemiti e delle imprecazioni di dolore, soprattutto causato dalla ferita precedentemente riportata proprio al braccio che reggeva lo scudo. Il Cavaliere della Fornace premette allora la propria mano sulla ferita per arginare eventuali emorragie e per evitare che la ferita si riaprisse. Come prima, i margini dello Scudo di Fuoco Oplitico cominciarono a cedere e per un istante attimi di panico si impossessarono del Cavaliere, vicino a cui atterrarono lentamente le lance laterali, che vennero fuse e consumate dalla vicinanza con il fuoco del semicilindro. Presto però il panico venne sostituito dal vero e proprio terrore: molte punte stavano cominciando a trapassare lo scudo e solo il bracciale dell'armatura gli salvò l'arto.
Alla fine però l'attacco cessò, tutto divenne quiete e nessun'altra lancia arrivò ad impattare contro le sue difese, vere e improprie assieme. Allora Marcus si rialzò, nonostante il peso delle lance sullo scudo, e dissipò il suo secondo attacco più potente, che aveva usato al contrario e su se stesso. Subito dopo il Cavaliere spostò all'esterno il braccio sinistro e dissipò anche lo scudo, facendo ricadere tutte le lance sulla sabbia a cozzare tra loro.
Quello che si poteva vedere una volta era stato sostituito da una distesa di lancie più o meno conficcate nella sabbia, con al centro uno spazio lasciato libero, sebbene molto caldo. In mezzo a tale spazio stava ansimante il Cavaliere della Fornace, stancato notevolmente dal continuo uso del proprio cosmo e in particolare dall'ultima combinazione di mosse, improbabile, eppure possibile.
Aioros non sembrò essersi mosso o disarmato, mentre ansante il suo avversario osservava la distesa attorno a lui e lo indi lo cercava. Troppo stanco e a corto di fiato, Marcus disse al suo avversario: "
Ottimo colpo... mi hai messo in seria difficoltà e ora l'arena è... difficilmente praticabile. A te ora la scelta, se concludere questo duello senza né vincitori né vinti o continuare fino a quando uno di noi non sarà più in grado di continuare. Qualsiasi sia la tua decisione, non mi opporrò. Posso entrambe le cose."
In tal modo sperò di recuperare qualche briciolo di forza in vista della possibile volontà del Generale degli Abissi di continuare il combattimento. Quello scontro era stato davvero intenso e le sue capacità decisamente messe alla prova. Nonostante ciò che aveva provato poco pima, quel combattimento lo entusiasmava: da tempo non riusciva a trovare un simile avversario, con il quale scontrarsi senza odio alcuno.