Serio era lo sguardo del giovane, che annuì soltanto alle parole del maestro, mentre un brivido gli penetrò nelle membra. Finora nessun dolore lui aveva sentito, solo grande spossatezza. Il suo respiro lento e regolare, i tratti del viso distesi e rilassati, occhi che si mossero ancora un poco sotto le palpebre, per poi quietare il loro moto, facendo cadere il corpo del giovane in uno stato di meditazione, ma quella non era realtà, poiché Kael'thas ora stava viaggiando; viaggio che aveva intrapreso prima, ma che ancora lui non aveva raggiunto, non riuscendo ancora a toccare quei sentimenti che si trovavano nel lato più oscuro e desolato del suo essere, ove avrebbe trovato ciò che tanto lui agoniatamente cercava per far si che le sue catene rispettassero la sua figura.
Buio, solo quello vi era in quel luogo, ma ben presto, una piccola luce.
Luce dai riflessi rosei, che spezzavano quel mar di tenebra.
un'altro lieve tremito scosse il suo corpo, mentre il respiro cominciò ad'accelerare e le sue palpebre a tremare, lasciando che gli occhi vengano rivelati a quell’oscuro mondo che della sua anima fa parte.
Osservava quel nero manto guardingo, quasi diffidente, come del resto, lo era ogni essere umano verso la parte nascosta e sconosciuta di se stessi, che si vorrebbe e non vorrebbe conoscere al contempo, facendo cader l’essere umano nell’atroce dubbio di sapere chi sia realmente e nel vortice dell’assurda paura di saperlo e perdere ciò che ha guadagnato con tanta fatica. Scosse il capo, i suoi capelli nero corvino intorno al suo viso, come a voler rassicurarlo con lievi e delicate carezze; non aveva il tempo di perdersi in ragionamenti filosofici, doveva trovare, doveva trovare se stesso!
Si guardò attorno in quel buio infinito; unica fonte luminosa in tutta quell’oscurità era lui, per questo fenomeno, non si sapeva dar spiegazione, o forse………. O forse si? Mah, chissà! La mente e l’animo umano sono più di quanto contorto esista; non si sa mai cosa può accadere.
Prese ad avanzare, passo fermo e silenzioso; tutto in quell’oscurità si mischiava. L’orientamento non serviva, la geografia diventava solo una futile parola, poiché l'animo umano non aveva limiti, non aveva confini, non era concreto! Cosa astratta a cui l’uomo non può dar limiti e, se credeva di averlo fatto, quei limiti vengono superati, poiché si scopre qualcosa di nuovo su se stessi.
Continua ad avanzar in quell’oscuro limbo, guardandosi attorno, quando, nuovamente quel rumore, quella goccia che cada su di una superficie; inarcò ir sopracciglio, voltandosi verso la sua destra, ma non né era sicuro, poiché il suon si propagava, creando un eco che pareva venire da ogni direzione, confondendogli i sensi; inspirò profondamente, concentrandosi solo e soltanto alla ricerca del suono più limpido e puro che orecchio può percepire.
Ruotò sul posto con calma, analizzando ogni direzione con cura quasi maniacale, finché non si fermò col corpo rivolto interamente alla sua sinistra, incamminandosi silenzioso; passò diverso tempo, neanche lui sapeva dire quanto, anche il significato di tempo in quel limbo ormai era nullo, poiché in tale limbo non ne percepiva gli effetti, restando immutato.
Osservò che il paesaggio sta cambiando pian piano, mostrando una montagna, una montagna composta da roseo cristallo che sembra ossidiana, ma al contempo non lo è, poiché troppo lucido, quasi fosse composto da rosei diamanti che rilucevano di sinistra luce.
Fermò il suo passo, studiando quell’agglomerato di cristallo roseo, alzando di poco il suo viso verso quello che aveva una parvenza di essere un cielo, dove nere nubi si addensavano, lasciando intravedere a sprazzi la carmina luna che contornava quell’oscuro cielo d’ebano.
Scosse piano il capo, chiedendosi dove fosse finito.
Che il mio animo sia così inquieto?Con passo lento si avvicinò a quella strana struttura “naturale”, nell’intento di trovare un passaggio per entrarvi, ma pareva che non ve ne fosse, poiché sembrava che quella struttura fosse del tutto compatta; ma non demorse, continuando a cercar, finché, qualcosa di liquido e gelido, si scontrò con la sua mano destra, rumore d’acqua corrente, come di una piccola cascata; corrugò la fronte, avanzando, sino a che i suoi piedi andarono a immergersi in un piccolo fiumiciattolo. La mano non sentì il continuo della parete, , intrufolandosi in quella insenatura, bagnando il suo corpo; ebbe un lieve brivido, ma non se ne curo, scostandosi le ciocche bagnate dal viso, per poter veder meglio in quell’oscurità.
Dopo quasi quattro metri di cammino, luce color roseo, come di un fuoco che illuminava una via e poi delle scale. Una lunga scala a chiocciola, composta dallo stesso roseo cristallo, mentre sulle pareti, un esiguo numero di torce illuminava la via, ma nessun calore esse emanavo, se non la sensazione che erano poste lì solo per illuminare e non rendere di certo accogliente quel luogo.
I suoi passi che ticchettavano ritmici sulla superficie cristallina, mentre la mano destra poggiava al muro; un gesto istintivo era il suo, senza motivazione alcuna. Si morse lievemente il labbro inferiore sbuffando indispettito, chiedendosi quanto diavolo fossero lunghe quelle dannate scale, quando, innanzi a lui, si aprì un rettilineo, che sfociava a più o meno dieci metri da dove si trovava lui in un ampia entrata a volta senza porta, dove una tenue luce rosa faceva la sua mostra.
Fermò il suo passo solo per pochi attimi, continuando ad avanzare con sicura lentezza, ma una strana inquietudine, mista ad eccitazione, gli attanagliava le viscere, facendolo sentire strano; esitò un poco prima di oltrepassare la soglia della porta, trovandosi in un enorme salone circolare, dove al suo centro, vi era un lago dalle acque color carminio e, sospeso a più o meno venti metri dalla superficie, un corpo di donna, dai lunghi e lisci capelli d’ametista, che coprivano il nudo corpo di lei, nascondendo e non la diafana pelle di quella creatura sospesa e legata da pesanti catene, sempre dello stesso materiale di cui era conformata quella struttura; il suo passo riecheggiò in quell’ampia sala circolare, fermandosi sulla riva di quell’artificiale lago.
Sollevo il viso Kael'thas, notando che sul soffitto vi era un’apertura, che permetteva alla luna di far filtrar i suoi raggi, ma ora, ciò non gli interessa; la sua attenzione, era ormai concentrata sulla donna in catene.
“
Fidati delle Catene Kael'thas, se avrai fiducia in loro, loro avranno fiducia in te………”In un'attimo tutto ritornò alla normalità, gli occhi di Kael'thas si aprirono come i boccioli di una rosa sbocciano in primavera.
tutto sparì, mentre l'arena, il maestro ed Elene tornarono vividi a i suoi occhi.
Devo avere fiducia nelle catenePronunciò Kael'thas, ricordando la voce di quella donna incatenata che le aveva detto di fidarsi di loro.
In'un'attimo le braccia si mossero, stringendo con le mani ricoperte dai guanti le due catene, mentre la luce rosea del suo cosmo nuovamente si destava, brillando di un'intensità unica.
Catena di Andromeda disponiti a difesaDisse con voce ferma e sicura Kael'thas, mentre la catena cominciò a vorticare intorno a lui, in un moto continuo e fluido.
CITAZIONE
Difesa a spirale: che si attiva tramite il comando Catena di Andromeda disponiti a difesa!: la Catena di Andromeda si dispone in circolo vorticando velocissimamente creando una cupola protettiva che fa da scudo al corpo del cavaliere cercando di preservarlo dai colpi nemici, il movimento vorticante inoltre consente alla catena di ribattere le offese avversarie quando possibile.
Vide che un oggetto, una pietra per la precisione, si infranse contro la barriera di catene che aveva innalzato.
A quanto pare il maestro voleva metterli seriamente alla prova, non curandosi della loro incolumità, ma più che altro curandosi della loro unione cosmica con le armi.
Edited by °PaNdEmOnIuM° - 16/10/2009, 15:20