| A differenza di tutti gli altri convocati, la sua fu la discesa più breve: a Marcus era stata infatti affidata l'ultima delle Dodici Case da presidiare, ostacolo ultimo per contrastare l'ascesa di un nemico di natura e poteri sconosciuti, ma dall'acclarata intenzione ostile. Gli ordini erano chiari, come purtroppo era chiaro quello che avrebbe dovuto fare: aspettare che gli altri Cavalieri venissero sconfitti e probabilmente macellati prima di combattere egli stesso, sfruttando i suoi poteri di fuoco e le risorse della Dodicesima Casa per creare un inferno al quale sopravvivere non sarebbe stato certo facile. E in quel momento si sentì sconfortato come non mai: per quanto la scelta del Grande Sacerdote fosse saggia e giustificata, in assenza di altri Cavalieri abili nella manipolazione delle fiamme a sua disposizione, lui avrebbe preferito di gran lunga prendere il posto di Elene e cercare di fermare in prima persona gli attaccanti prima che rischiassero di fare troppi danni e di fare del male agli altri. E invece si ritrovava lì, in triste attesa di sapere qualcosa da chi poteva e doveva comunicare tramite una telepatia che non aveva e che non poteva ricambiare, aspettando che gli eventi facessero il loro corso... l'angoscia cominciò già ad attanagliare il cuore del Cavaleire prima ancora che la battaglia cominciasse, al punto che dovette appoggiarsi ad una colonna per evitare di barcollare, stretto da una morsa che cominciava a fargli anche fisicamente accorciandogli il respiro. In quel momento si sorprese a pregare ancora più intensamente per la salvezza dei suoi amici in quella circostanza, sebbene le sue preghiere non stessero andando ad Atena, la quale non si era mai manifestato a lui e per lui non aveva mai fatto veramente nulla. In risposta però sovvenne la sua Armatura, che si manifestò cosmicamente alle porte della sua coscienza con tocco caldo e leggero di una compagna affezionata che cercava di consolarlo con un contatto fisico ed empatico unico nel suo genere grazie al legame instauratosi tra loro. "Hai ragione" disse ricambiando quella sorta di abbraccio toccandosi la piastra giustacuore. "Non è ancora ora di disperarsi: nessuno è ancora morto e il nemico non si è palesato. Ci sarà tutto il tempo... per tutto. Anche per la speranza." Si distaccò dalla colonna e si pose quindi in una posizione all'esterno della Casa dalla quale avrebbe potuto cercare di vedere meglio la situazione e salutare gli altri Cavalieri mano a mano che scendevano ai rispettivi presidi. E una volta che anche l'ultimo Cavaliere si fosse allontanato, Marcus avrebbe visto e percepito come la scalinata si sarebbe riempita di rose mortali, come se la Casa stessa avesse recepito e compreso le intenzioni del Grande Sacerdote e si stesse preparand anch'essa all'ultima difesa. *E io mi lasciavo prostrare in questo modo dall'angoscia?* si chiese il Cavaliere quasi vergognandosi di se stesso. *Non posso lasciarmi abbattere: per quanto gli altri possano andarci di mezzo, anch'essi sono stati ben addestrati, alcuni anche da me, e sono pronti anch'essi a tutti i rischi che comporta l'essere Cavalieri. E se oseranno fare del male a qualcuno, sapranno quanto male avranno fatto: ci penserò io a mostrarglielo!*
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