Posts written by Lùx

Dischiudo le labbra ed il terzo anello di fumo si unisce ai fratelli. Vi è qualcosa di ipnotico in quelle forme, come se scrutare all’interno mi possa concedere tutte le risposte di questo mondo. O almeno mi piacerebbe. Il passare del tempo – lento, dannatamente lento – è scandito solo dalla cenere della sigaretta che tengo tra le dita ed il fatto che sia già la quinta la dice lunga sui miei progressi. E’ in casi come questi che mi chiedo se tutta la storia del Cosmo non sia una fregatura: a che serve muoversi alla velocità della luce se poi non si può impedire ad una catapecchia di saltare per aria? La sagra dell’impotenza.

« Mi devi delle spiegazioni. » tuona la voce del colosso che ho di fronte. Abbasso lo sguardo, cercando di inquadrare un non precisato punto tra le fette giganti del vecchio ed i calcinacci sparsi. Lo sto volutamente ignorando. In fondo che dovrei dirgli? Che sto con il culo sopra le macerie dell’albergo ormai da ore? Che non so che cazzo fare a parte fumare e guardare sconsolato ammassi di calce, vetro e mattoni? E dire che era un bel posto fino a stamattina: quadri, reception in marmo, camerieri in divisa ed una stanza così grande da sembrare una casa. Pure l’idromassaggio nel bagno. La degna sistemazione di un Gold Saint.

Come siamo arrivati a questo? Ricordo il suono dell’allarme, Tyrsos gridare mentre lo stringevo a me e qualche pugno intriso di cosmo, forse almeno un paio di troppo. Poi esplosioni ovunque. Mi sa che devo aver esagerato. « Allora, mi vuoi rispondere Asmodheus? » Mi lascio afferrare ed alzare come un sacco di patate. Lottare contro il vecchio è pura follia. Le braccia sono molli ai fianchi e cerco di non pensare troppo alla sua manona stretta intorno al colletto della camicia. Per una frazione di secondo mi permetto il lusso di alzare lo sguardo ma me ne pento immediatamente. I suoi occhi sono lastre di ghiaccio che mi trasmettono uno sgradevole brivido lungo la schiena; gli occhi di un padre a cui non posso mentire. « Ho fatto un casino. » replico con il tono di voce più flebile che riesco a produrre. Noto una vena pulsare con intensità sulla sua tempia: mi sa che non gli basta. « Sono comparsi quattro intrusi. » aggiungo « Ho preso Tyrsos, li ho colpiti e poi è esploso tutto. Non sono stato io, loggiuro. » O almeno credo. I palazzi non crollano per due colpi, no? Istintivamente chiudo gli occhi e stringo i denti, pronto a sentire il dolore diffondersi dal punto della mascella in cui mi avrebbe colpito con il suo destro, ma non arriva niente. Solo un leggero acciacco sul fondoschiena quando precipito di sedere sui calcinacci. L’ho convinto? Azzardo un poco ed apro gli occhi quel tanto che basta per scrutare il mondo da una piccola fessura. Il vecchio è ancora lì davanti, ma adesso si sta accarezzando la barba. Sembra pensieroso. « Beh, ci penserà il Santuario a coprire le spese. » Da iracondo a menefreghista nel giro di quattro secondi. Che la Guerra Sacra faccia questo effetto ad ogni Gran Sacerdote? « Visto questo pandemonio mi chiedo se abbia fatto bene a riportartela riparata. Forse non te la meriti. » Seguo con lo sguardo l’enorme zaino mentre viene poggiato con un tonfo a terra. A vederlo sulla sua schiena qualche attimo prima sembrava molto più piccolo. « E? » Quando in tutta risposta non fa che inarcare un sopracciglio la mia curiosità esplode di colpo. Mi sta prendendo per un cretino? « Andiamo! Da quando mandano il capoccia a consegnare Gold Cloth come un facchino? Che c’è dietro? » Senza fretta il vecchio slaccia le cinghie di cuoio rivelando la superficie dorata del Pandora Box. Sembra farlo apposta a mettersi lì a rimirarlo passandosi una grossa mano tra i capelli brizzolati. Un secondo in più e giuro che do di matto. « E…sono anche giunto qui per darti un consiglio. Perché pensi di esser arrivato in finale? Ti ricordo che hai fatto una pessima figura durante tutti gli incontri. » Ed ecco lì il bandolo della matassa; una domanda che mi son posto fin troppe volte in questi giorni. Spolpato da Eleuteria di Gemini, fritto dall’elettricità di Seraf di Leo, ridotto ad un puntaspilli da Kisame di Aries, bruciato nonché infilzato da Kleus di Sagitter. A vederla con criticità non c’è stata una volta in cui abbia meritato di passare il turno eppure eccomi in finale. Quale possibile soluzione a quest’assurdità se non che il Grande Tempio mi sta mandando avanti a furia di aiutini? Probabilmente hanno pure dovuto vendere o impegnare qualche reliquia. « Va bene, va bene. Grazie. Dico davvero, eh. Però potevi dirmelo prima che ci avresti messo il tuo zampino. Ora mi tocca ripagare per forza. » Il vecchio sgrana gli occhi e la sensazione di aver detto una cazzata si fa strada nella mia mente. « Guarda che io non centro niente. » La mia tesi smontata in dieci secondi. Ma se non centra lui chi è che mi sta dando una mano? « La faccenda ha destato preoccupazione al Grande Tempio. Per questo sono salito sulla Starhill ed ho interrogato le stelle affinché mi dessero risposta. Ciò che mi hanno sussurrato è stata solo una parola, piuttosto spiacevole: Dei. Coloro che giudicano gli incontri non sono altro che Divinità. » E così centrano gli Dei? Aspiro avidamente altro fumo bruciando la sigaretta fino al filtro, poi la getto a terra. Con uno slancio sono in piedi e spengo il mozzicone con la torsione del piede. « Divinità, eh? » Guardando il vecchio punto l’indice al cielo. « Allora a questi Dei mostrerò la forza degli uomini! Non sarò una pedina nei loro giochetti! » L’occhiata che ricevo è di puro disappunto, ma sa bene che non può impedirmelo. In questa finale metterò fine una volta e per tutte a questa buffonata. Solo io posso essere padrone del mio destino.

L’immagine di quello strano vecchio rimane impressa nella mia retina ancora qualche secondo, poi finisce per essere inghiottita nelle tenebre che caratterizzano le mie giornate. Provo ad aggrapparmici con forza e disperazione cercando di ricordare i dettagli che lo riguardano. La lunga barba, il corpo massiccio segnato dalle cicatrici, le vesti semplici e quegli occhi di ghiaccio che mi fanno così paura. Quelle sono le forme di cui Tyrsos tanto mi parla? Ed i colori, a quali appartengono quelli che vedo? Chissà se c’è anche il biondo dei capelli di mio fratello in quella figura. Da quando ho questi strani sogni la vita mi sta diventando stretta; come posso accettare di non vedere più nulla ora che so come dovrebbe essere il mondo che mi circonda? Senza contare l’interrogativo maggiore: chi è la persona dai cui occhi sto vivendo quella storia? Ad ogni risveglio io e lui siamo sempre più vicini al punto da non riuscire più a capire cosa sia sogno e cosa realtà. Strascichi della sue emozioni mi condizionano per intere giornate, così come l’acre sapore di nicotina che sento sempre in bocca pur non fumando.

Quando ormai solo il buio è rimasto capisco che è ora di alzarmi. « Tyrsos, sei sveglio? » domando. Sento il suo caldo respiro attraverso la maglia ed il peso del suo corpo appoggiato sul mio. Nessuna risposta; sta ancora dormendo. Forse dovrei stare disteso sull’erba un altro po’ e lasciare che la brezza porti via tutte queste preoccupazioni. Non ho scontri da portare avanti né armature da indossare, solo un gregge da far pascolare ogni mattina. Sono nato pastore dell’Arcadia e morirò da pastore dell’Arcadia qualunque siano gli strani sogni che mi tormentano. Con questa convinzione in cuore serro di nuovo le palpebre, pronto a cadere in un altro sonno ristoratore.

Mare. L’odore di salsedine mi pizzica il naso ed il frastuono dei gabbiani copre ogni altro rumore. Posso sentire persino in lontananza lo scrosciare ritmico delle onde che si infrangono a riva. Peccato che siamo ben lontani dalla costa, quassù sulle montagne. Ogni parte del mio corpo mi indica un punto non precisato ad un centinaio di metri davanti a me. Che vuol dire? Come se non bastasse qualcosa mi martella la testa tendendo all’unisono i miei muscoli a segnalare un pericolo imminente. Mi lascio travolgere dall’incertezza e dalla preoccupazioni cercando a tastoni il bastone poggiato al fianco, mentre con la sinistra scuoto il corpicino di Tyrsos. « Sveglia! Forza! » gli urlo. Lui mugugna qualcosa ma continua a rimanermi sopra, così son costretto a far leva sul legno per alzarmi di colpo e scaraventarlo a terra. « Fratellone! » mi grida contro. Sento nella sua voce tutta la frustrazione di chi non riesce ad afferrare la situazione. Forse l’ho persino fatto rotolare a terra per il colpo. Dovrei scusarmi, ma quella sensazione sgradevole continua a tormentarmi. « Dietro di me Tyrsos! Non fiatare! » gli ordino. Solo quando sento le sue manine aggrapparsi alla maglia che mi copre la schiena mi sento più tranquillo. Tuttavia non riuscire a vedere cosa mi circonda non fa che alimentare dubbi. E’ un agguato? « Cosa vedi? » gli domando. In questo momento rappresenta i miei unici occhi. « Sassi. C’è una collinetta di rocce, poi di nuovo prato. » Nessuno in vista? « Fratellone, ma che succede? » Che ci sia qualcuno nascosto dietro ai massi? « Chi sei? Un brigante, forse? Se hai intenzione di rubare il mio gregge sappi che non avrai vita facile! » In lontananza la campana del capo-gregge accompagna le mie parole prima che il silenzio le inghiotta di nuovo. C’è davvero qualcuno o sto lentamente impazzendo?